Diaframma

Day-off

Diaframma

album:

Volume 13 (2004)

Day-off testo

Il cielo offriva un’infinità di toni, tutti più o meno grigi, e tirava un vento insistente che dava i brividi. Io ero senza nulla da fare, un paio di telefonate si erano rivelate inutili e l’unica persona che mi serviva non c’era, mi sentivo triste e vuoto come la giornata, le parole mi morivano in gola senza neppure averle dette e se continuava così che sarebbe successo? Avevo in mente un’esplosione forte, improvvisa, totale; un’immensa colata lavica sarebbe scesa a coprire questo tempo così falso, inutile, lento ma nella sua lentezza: implacabile! Presi la macchina e con infinita pazienza andai in un paese a meno di mezz’ora da casa col solo intento di camminare e camminare e camminare e camminare. Arrivato alla piazza entrai in un bar, la barista era giovane e carina e parlava con qualcuno e finse un paio di volte di non sentirmi quando le chiesi da bere. Quindi versò il chinotto, prese i soldi, mi diede il resto, e tutto questo senza guardarmi, neppure un attimo. M’incamminai guardando il bosco, la via che presi aveva tutte case basse, ognuna con un piccolo e squallido giardino di pochi metri quadri e al cancello la piccola scritta minacciosa: Attenti al cane. In breve tutta la via fu squassata dall’abbaiare feroce di decine e decine di cani. Stava già rabbuiando e quindi scartai l’idea di avventurarmi nel bosco, presi una strada che saliva a tornanti tanto per non tornare subito indietro. Camminavo nel breve spazio tra la linea bianca di fine carreggiata e il gardrail, le macchine che svoltando mi vedevano sventagliavano gli abbaglianti o suonavano il clacson. Per loro evidentemente ero una sorpresa o un pericolo… eh sempre meglio di essere trasparenti come prima pensavo. L’aria era schifosa e piena di smog proprio come nella mia amata città. Tornai alla piazza a riprendere l’auto, fece completamente buio nel tratto di autostrada che mi portò indietro, arrivato, aprii la porta di casa, da un po’ di tempo c’era un odore di chiuso che mi riusciva insopportabile. Una ad una aprii tutte le porte e le finestre, da fuori entrava un vento gelido per niente amichevole, io rimasi al buio, in piedi, a guardare la mia ombra che si rifletteva per brevi attimi sul muro quando un’auto passava.

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